Scienze Ottica La Fotografia.
SCIENZE - OTTICA - LA FOTOGRAFIAPRESENTAZIONELa fotografia è una tecnica di produzione di immagini permanenti su superfici sensibili, ottenuta grazie a un'azione chimica esercitata dalla luce o da altre forme di energia radiante.Oggi la fotografia ricopre un ruolo importante quale mezzo di informazione, strumento scientifico e tecnologico, forma d'arte e attività amatoriale. I PRIMORDI DELLA FOTOGRAFIAIl principio del procedimento fotografico era già noto in epoca antica. Inizialmente la camera oscura era una stanza buia con un minuscolo foro ricavato su una parete. Passando attraverso il foro, la luce che penetrava all'interno proiettava sulla parete opposta l'immagine dell'esterno, che si presentava invertita e poco chiara. Nel Quattrocento gli artisti usavano tale espediente per schizzare a mano le scene proiettate. La camera oscura si trasformò quindi in una scatola portatile e nel 1550 Girolamo Cardano dotò il piccolo foro di una lente per rendere più nitida l'immagine prodotta.Tra il 1796 e il 1802 l'inglese Thomas Wedgwood fece degli esperimenti sulla riproduzione di immagini sfruttando le proprietà chimiche del cloruro d'argento, sensibile alla luce. Registrò i profili degli oggetti che appoggiava su carta ricoperta di cloruro d'argento; ma le immagini non erano permanenti e Wedgwood poteva osservarle solo per pochi minuti a lume di candela. Con l'esposizione alla luce l'intera superficie della carta anneriva. Nel 1819 lo scienziato inglese John Herschel gettò le basi della chimica fotografica moderna e scoprì la proprietà del tiosolfato di sodio di fissare l'immagine fotochimica in maniera stabile, eliminando dallo strato fotosensibile tutto l'argento che non ha reagito alla luce durante la posa. Inventò la fotografia ma, da scienziato astronomo, non diede peso alla scoperta. Nel 1826 il francese Joseph-Nicéphore Niépce ottenne la riproduzione su peltro di una stampa del cardinale George d'Amboise. Nello stesso anno espose in un apparecchio fotografico, per otto ore alla luce del sole, una lastra di peltro sensibilizzato col bitume di Giudea, inquadrando dalla sua finestra i tetti circostanti. Questa lastra, che è giunta fino a noi, è considerata l'archetipo delle immagini pionieristiche di tipo fotografico. Nel 1831 il pittore francese Louis-Jacques Daguerre impressionò lastre d'argento ricoperte da uno strato di ioduro d'argento. Dopo aver esposto le lastre per alcuni minuti, Daguerre utilizzava vapori di mercurio per ottenere un positivo. Queste fotografie non erano permanenti, poiché le lastre annerivano gradualmente, cancellando l'immagine. Nel 1837 Daguerre creò il suo primo dagherrotipo permanente ricoprendo una lastra di rame sensibilizzata allo ioduro d'argento con una soluzione concentrata di sale da cucina (più tardi acido gallico), che eliminò tutti i residui d'argento e fissò la figura degli oggetti rappresentati. Questo processo di fissaggio, scoperto dall'inglese William Henry Fox Talbot, rese insensibili alla luce le particelle di ioduro d'argento non esposte e prevenì l'annerimento totale della lastra. Talbot fu inoltre l'inventore del procedimento che per la prima volta usava negativo (di carta) e positivo. In base ad esso c'è un primo momento di acquisizione dell'immagine in cui i valori tonali sono invertiti e un secondo in cui i valori vengono recuperati correttamente, chiamato stampa. Dal negativo di carta per la prima volta poteva essere tratto un numero illimitato di copie. Talbot scoprì infatti che la carta ricoperta con ioduro era più sensibile alla luce se inumidita prima con una soluzione di nitrato d'argento, e che la soluzione poteva essere utilizzata per lo sviluppo della carta dopo l'esposizione. Avvenuto lo sviluppo, il negativo era reso permanente da un bagno di sodio tiosolfato. Sia Daguerre sia Talbot annunciarono le loro scoperte nel 1839. Nel 1939 John Herschel ottiene la prima fotografia su carta sensibilizzata con carbonato di argento e fissata con iposolfito di sodio. Nel 1846 Carl Zeiss fondò a Jena un'industria ottica che presto sarebbe diventata famosa per le attrezzature fotografiche realizzate. Nel 1847 il fisico francese Claude Félix Abel Niepce de Saint-Victor utilizzò un negativo di vetro. La lastra, ricoperta di bromuro di potassio sospeso in albumina, era sensibilizzata prima dell'esposizione immergendola in una soluzione di nitrato d'argento. Il negativo di vetro, pur richiedendo esposizioni molto lunghe, forniva un'eccellente definizione dell'immagine. Nel 1851 lo scultore e fotoamatore inglese Frederick Scott Archer sperimentò lastre di vetro umide immerse nel collodio, anziché nell'albumina. Nel 1858 il fotografo francese Nadar realizzò la prima fotografia aerea di Parigi. Nel 1878 il fotografo britannico Charles Bennet produsse una lastra asciutta con una gelatina di bromuro d'argento, molto simile a quelle moderne. I primi tentativi di rendere fotograficamente i colori naturali risalgono agli stessi anni. Nel 1861 il fisico britannico James Clerk Maxwell produsse la prima fotografia a colori utilizzando additivi coloranti. Nel 1883 l'inventore americano George Eastman creò una pellicola formata da una lunga striscia di carta coperta da un'emulsione sensibile. L'invenzione della pellicola a rulli segnò l'uscita della fotografia dalla fase pionieristica. LA DIFFUSIONE DELLA FOTOGRAFIA COMMERCIALENei primi anni del XX secolo la fotografia commerciale si diffuse rapidamente. Nel 1904 nacque ufficialmente la fotografia a colori ad opera dei fratelli Lumière. Le prime pellicole a colori consistevano in lastre di vetro sensibilizzate con un'emulsione ai sali d'argento pancromatica e fecola di patata colorata; erano chiamate Autochromes Lumière in onore dei loro inventori. In quegli anni le fotografie a colori si scattavano con macchine a tre esposizioni grazie al procedimento Carbro a tre colori. Nei decenni successivi i progressi tecnologici portarono alla produzione di apparecchi fotografici semplici ed economici, incoraggiando la diffusione della fotografia presso il grande pubblico. Nel 1925 fu commercializzata in Germania la prima Leica 35 mm, che utilizzava pellicole di piccole dimensioni concepite inizialmente per il cinema. Si fa risalire a quegli anni la nscita del fotogiornalismo. L'avvento delle pellicole Kodachrome (1935) e Agfacolor (1936), entrambe per diapositive, portò alla diffusione della fotografia a colori, mentre il negativo Kodacolor, introdotto nel 1941, ne decretò il definitivo successo. Nel 1947 la Polaroid lanciò sul mercato la macchina fotografica "95", che offrì la possibilità di ottenere foto immediate, che si sviluppavano cioè direttamente all'interno della macchina. Negli anni Cinquanta nuovi processi di produzione incrementarono la sensibilità delle pellicole sia in bianco e nero sia a colori; i progressi furono tali che, da un massimo di 100 ISO, si arrivò a una sensibilità di 5.000 ISO.Nel 1996 la Kodak inventò : Systeme Photo Avance. Inizia l'impero della fotografia digitale. LA MACCHINA FOTOGRAFICALa macchina fotografica è costituita da quattro elementi: il corpo, l'otturatore, il diaframma e l'obiettivo. Il corpo comprende il diaframma, l'otturatore e una sezione a tenuta di luce nella quale viene avvolta ed esposta la pellicola. Il diaframma è un'apertura circolare situata dietro l'obiettivo; agisce in sincronia con l'otturatore per permettere alla luce di raggiungere la pellicola. Può essere fisso o regolabile. Il diaframma regolabile è formato da piccole lamelle sovrapposte, di metallo o plastica che, divaricandosi, creano un'apertura di diametro variabile.L'otturatore è un dispositivo meccanico che, attivato da una molla, consente alla luce di raggiungere la pellicola soltanto durante il tempo di esposizione. L'obiettivo, inserito nella parte frontale del corpo, è costituito da un gruppo di lenti di vetro ottico poste in un anello di metallo. Può essere fisso o collocato su un supporto mobile: modificando la distanza tra l'obiettivo e la pellicola, il fotografo può mettere a fuoco oggetti che si trovano a diverse distanze dalla macchina. Gli obiettivi si suddividono in grandangolari, normali e teleobiettivi. Questa classificazione dipende dalla lunghezza focale dell'ottica, che viene espressa in millimetri. Le lunghezze focali comprese tra i 20 e i 35 mm sono considerate grandangolari. Producono una maggiore profondità di campo e un maggiore angolo di ripresa, ma rimpiccioliscono i soggetti. Un super-grandangolo consente un angolo di ripresa di 180° o più ampio. Gli obiettivi con lunghezza focale compresa tra i 45 e i 55 mm sono detti normali, perché si avvicinano all'occhio umano per la prospettiva e le proporzioni degli oggetti osservati. Gli obiettivi con focale più lunga, oltre gli 85 mm, sono chiamati teleobiettivi: schiacciano la prospettiva e diminuiscono la profondità di campo, ingrandendo molto il soggetto. Gli zoom sono strutturati in modo da consentire di variare la lunghezza focale impiegando un'unica ottica. Tra le macchine più usate citiamo la reflex con un solo obiettivo e la reflex a due obiettivi, entrambe dotate di specchi che riflettono nel mirino la scena inquadrata. Le macchine fotografiche autofocus utilizzano componenti elettronici e una CPU per misurare automaticamente la distanza tra la macchina e il soggetto e determinare l'esposizione ottimale. Schemi di macchine fotografiche Sezione di macchina fotografica LA PELLICOLA FOTOGRAFICALe pellicole variano a seconda della differente sensibilità alla lunghezza d'onda della luce visibile. Le prime pellicole in bianco e nero erano sensibili solo a basse lunghezze d'onda, e cioè al blu. Nelle succesive pellicole a colori furono aggiunti all'emulsione coloranti di tonalità rossa, che resero le pellicole sensibili a tutto lo spettro visibile.Le pellicole sono classificate in base al formato e alla sensibilità. La sensibilità alla luce della pellicola si definisce "velocità" e determina la quantità di esposizione richiesta per fotografare un soggetto in determinate condizioni di illuminazione. Gli standard stabiliti dall'ISO (International Organization for Standardization) sono adottati in tutto il mondo, sebbene alcuni produttori europei usino ancora lo standard tedesco DIN (Deutsche Industrie Norm). Il sistema ISO combina la scala DIN con quella americana, detta ASA. La pellicola istantanea, introdotta dalla Polaroid alla fine degli anni Quaranta, realizza stampe entro pochi secondi o minuti dallo scatto. Questo è possibile poiché lo sviluppo e l'emulsione sono riuniti nel medesimo supporto o sulla stampa stessa. Guadagnare navigando! Acquisti prodotti e servizi. Guadagnare acquistando online. SVILUPPO E STAMPAL'immagine latente sulla pellicola diventa visibile attraverso il processo di sviluppo, che consiste nella trasformazione del film in negativo mediante il contatto con alcune soluzioni chimiche; in seguito, la stampa utilizza il negativo per creare l'immagine positiva finale.LO SVILUPPOLa pellicola viene sviluppata trattandola in una debole soluzione alcalina, detta sviluppo, che riattiva il processo iniziato con l'esposizione alla luce avvenuta durante lo scatto della foto. Con lo sviluppo inizia una reazione di ossidoriduzione, grazie alla quale si ottengono piccoli cristalli d'argento che si aggregano intorno alle invisibili particelle che formano l'immagine latente. Una volta formati questi cristalli, l'immagine diventa visibile sul film: la densità e lo spessore dell'argento depositato in ciascuna zona dipendono dalla quantità di luce ricevuta durante l'esposizione. Per fermare l'azione dello sviluppo, la pellicola viene immersa (risciacquo) in una soluzione leggermente acida, che neutralizza l'alcalinità dello sviluppo. Dopo il risciacquo l'immagine negativa viene "fissata" tramite una soluzione di tiosolfato di sodio, detta fissaggio: i sali d'argento residui vengono rimossi e le particelle d'argento metallico vengono stabilizzate. Una soluzione detergente, detta imbibente, viene infine utilizzata per un ulteriore risciacquo.LA STAMPALa stampa in bianco e nero, a colori e da diapositiva si effettua in due modi: a contatto o tramite proiezione.Il metodo a contatto viene utilizzato per produrre stampe dell'esatto formato dei negativi (ad esempio nella realizzazione dei provini) e prevede l'esposizione della carta da stampa con il negativo aderente alla superficie della carta stessa. Nella stampa a proiezione, il negativo viene prima collocato all'interno di un ingranditore. La luce passa dall'ingranditore attraverso il negativo giungendo a un obiettivo che proietta l'immagine, ingrandita o ridotta, sul piano di stampa dove verrà collocata la carta sensibile. Il materiale da stampa usato è un tipo di carta fotografica simile per composizione alla pellicola, ma molto meno sensibile alla luce. LA MACCHINA FOTOGRAFICA DIGITALEMentre in una macchina fotografica tradizionale, la luce che passa attraverso l'obiettivo impressiona la pellicola grazie ad alcune proprietà fisico-chimiche di quest'ultima, in una macchina fotografica digitale la luce è percepita da un sensore elettronico. Il fenomeno prodotto non è più chimico, bensì elettronico.Questo sensore, detto CCD (Charge Coupled Device: dispositivo ad accoppiamento di carica), converte l'energia luminosa dell'immagine ripresa in impulsi elettrici che vengono organizzati in un file di immagine, poi archiviato su una scheda di memoria. Il CCD è costituito da una griglia di sensori disposti su un'area rettangolare. La scena fotografata viene scomposta in un insieme di punti rettangolari chiamati pixel (il più piccolo elemento grafico dell'immagine), il cui colore è determinato da ciascuno dei sensori della griglia: se un sensore è colpito da luce rossa, produrrà un pixel rosso. Più elevato è il numero di punti del sensore, più alta è la definizione dell'immagine prodotta; più informazione è contenuta nell'immagine, più spazio è necessario per salvarla in memoria. La maggior parte delle fotocamere digitali conserva le immagini in una memoria RAM. Dato che le immagini a risoluzione elevata occupano molta memoria, è consigliabile avere a disposizione un computer su cui scaricare ogni volta le immagini archiviate in memoria. In alternativa, esistono macchine che registrano le immagini su un Cd-r. La macchina digitale ha le caratteristiche di velocità e praticità tipiche del supporto digitale, che permette di visualizzare le foto subito su un piccolo schermo LCD e di riversarle sul proprio PC senza dover passare da un laboratorio di sviluppo e stampa. I MILLE PERCHÉ - OTTICA - LA FOTOGRAFIAPERCHÉ LA MACCHINA FOTOGRAFICA HA L'OBIETTIVO?Parlando del microscopio e del cannocchiale abbiamo visto che cos'è e a che cosa serve il sistema di lenti noto con il nome di obbiettivo. Esso, pur comportandosi come una lente d'ingrandimento ideale, è in realtà un complesso sistema di lenti sovrapposte, tale da fornire immagini perfette, esenti da qualsiasi aberrazione. La macchina fotografica è costituita schematicamente da un obbiettivo applicato ad una camera oscura. Come funziona una macchina fotografica? Dovendo fotografare un oggetto ci si pone ad una certa distanza da esso, registrandola sulla macchina in modo che l'obbiettivo, opportunamente distanziato dall'oggetto e dalla pellicola posta nell'interno della camera oscura, possa proiettare un'immagine nitida.Data una perfetta esposizione luminosa dell'oggetto, che si ottiene rapportando il tempo d'apertura dell'obbiettivo con la quantità di luce emessa dall'oggetto, si «scatta» la foto. Premendo un apposito bottone l'obbiettivo si apre, la luce vi penetra attraverso e l'immagine si stampa, piccola e capovolta, sulla pellicola fotosensibile. Non appena ha fatto entrare una quantità di luce sufficiente perché l'immagine abbia impressionato la pellicola, l'obbiettivo si richiude (in realtà è un diaframma metallico che si apre e si chiude mettendo in contatto o isolando l'obbiettivo con la camera oscura) perché un'ulteriore entrata di raggi luminosi impressionerebbe a tal punto la pellicola che noi otterremmo una foto totalmente bianca. L'obbiettivo è dunque una delle parti più importanti della macchina fotografica. Esso deve essere di «grande apertura» per consentire la presa di fotografie con brevissima esposizione (istantanee) e deve inoltre essere esente da qualsiasi difetto che possa provocare immagini distorte o sfumate ai contorni. Modello tridimensionale di macchina fotografica d'epoca Modello tridimensionale di reflex con obiettivo 1:2 focale 50 mm PERCHÉ LA PELLICOLA FOTOGRAFICA S'IMPRESSIONA ALLA LUCE?Abbiamo visto come nella macchina fotografica, grazie all'obbiettivo e al diaframma metallico che permette l'ingresso di una quantità di luce opportunamente controllata, venga impressionata una pellicola fotosensibile immersa nel buio della camera oscura.L'oggetto che noi vogliamo fotografare getta attraverso l'obbiettivo le sue ombre e le sue luci, in tutte le loro sfumature, che impressionano la pellicola riproducendo l'immagine dell'oggetto. Come è fatta una pellicola fotografica, per poter essere fotosensibile? La pellicola fotografica è formata da un supporto (di vetro se è una «lastra» o di celluloide se è una vera e propria pellicola) su cui viene spalmata un'emulsione a base di bromuro d'argento. Dapprima viene preparato il supporto, procedendo in varie lavorazioni dalla cellulosa: questa, trattata con acidi, solventi e sostanze plastificanti, dà origine ad un impasto «collodio» che viene filtrato e colato su un nastro metallico continuo avvolto su due tamburi in lento movimento. Evaporato il solvente, che viene recuperato per le successive lavorazioni, il collodio acquista consistenza assumendo la forma di una sottile pellicola che viene distaccata dal nastro, essiccata facendola passare su cilindri riscaldati o in essiccatori a camera e quindi avvolta in grandi bobine. Quindi si passa a preparare l'emulsione. Si parte, per questa lavorazione, da residui di pelli fresche, specialmente bovine, e da ossa che vengono trattate a lungo in soluzioni d'idrato di calcio per eliminare grassi e peli; da ciò si estrae la cosiddetta «gelatina» fotografica alla quale si aggiungono nitrato di argento, bromuro di potassio e molte altre sostanze organiche sintetiche che valorizzano la sensibilizzazione cromatica e aiutano il regolare stendimento dell'emulsione sul supporto. Questo complesso impasto forma, dunque, l'emulsione fotografica che viene gelificata e conservata in strati in frigorifero. Per applicare l'emulsione al supporto, si mette la prima in una vasca allo stato liquido e la si fa lambire dal supporto che se ne riveste di uno strato di spessore uniforme. Questo strato viene fissato sul supporto mediante un brusco raffreddamento. A tutto ciò segue, infine, l'essiccamento, il taglio nel formato desiderato, l'eventuale perforazione se si tratta di una pellicola cinematografica e la confezione in rotolini, gli stessi che noi acquistiamo dal fotografo. Nella pellicola così trattata la funzione fondamentale spetta ai sali d'argento, sensibilissimi alla luce. I raggi luminosi provenienti dall'oggetto che stiamo fotografando, producono una trasformazione nei sali d'argento, oggi ancora non del tutto nota. Sulla pellicola si formano dei granuli di bromuro d'argento dalla consistenza variabile in rapporto al maggiore o minore intervento della luce. Si ha così nella pellicola impressionata in modo invisibile l'immagine dell'oggetto fotografato che il successivo sviluppo farà diventare visibile grazie ad un trattamento chimico che determina la scissione del sale di argento e la precipitazione dell'argento nero visibile. Segue infine un trattamento di fissaggio che stabilizza l'immagine e la rende inalterabile alla luce e quindi durevole. L'immagine così ottenuta è però «negativa» e cioè presenta zone scure là dove, nell'oggetto fotografato, le stesse sono chiare e luminose. Dal negativo si ricava l'immagine positiva, riproducente fedelmente l'oggetto, impressionando con la luce, tramite la negativa, una speciale carta fotosensibile, resa tale da un'emulsione simile a quella della pellicola, ma più semplice. Ciò può esser fatto ponendo in contatto la negativa con la carta (stampa a contatto) oppure grazie a degli ingranditori che utilizzano per la proiezione degli obbiettivi (stampa a ingrandimento). La carta, così impressionata, viene sottoposta agli stessi processi di sviluppo e di fissaggio della negativa che, finalmente, rendono definitiva e inalterabile l'immagine dell'oggetto che abbiamo fotografato. Modello tridimensionale di rullini fotografici per stampa tradizionale a colori su carta PERCHÉ POSSIAMO FARE FOTO A COLORI?Fin dai primordi della fotografia furono fatti tentativi per poter ottenere fotografie di oggetti nei loro colori naturali, partendo dal principio che tutti i colori si possono ottenere dalla opportuna mescolanza dei tre colori fondamentali: il blu, il verde e il rosso.Dai primi esperimenti sulla «tricromia» compiuti da Maxwell, Cross e Ducos du Houron (1869) e soprattutto grazie alla loro applicazione pratica dovuta a L. Lumière (1914) si è giunti ai perfezionati processi attuali. Oggi si possono ottenere diapositive o fotografie a colori pressoché perfette. Com'è fatta una pellicola capace di darci foto a colori? Sopra il supporto trasparente è distesa l'emulsione fotosensibile in tre strati sovrapposti. Tra il primo e il secondo vi è un sottilissimo strato giallo privo di emulsione. Quando la luce, proveniente dall'obiettivo, colpisce il primo strato quello superiore, che è sensibile ai raggi blu, lo attraversa lasciandovi i raggi blu grazie allo strato giallo sottostante che ne impedisce il passaggio. Giunta al secondo strato, sensibile ai raggi verdi, ve li deposita e raggiunge, ormai in possesso delle sole radiazioni rosse, l'ultimo strato sensibile ai raggi rossi. L'immagine invisibile dell'oggetto si forma così nei tre strati di emulsione ripartendosi tra di essi a seconda dei colori che presenta il soggetto. Nel successivo processo di stampa queste tre immagini si fondono e grazie alla fusione dei tre colori fondamentali si ottiene la foto dell'oggetto nei suoi colori naturali. Processo mediante il quale l'immagine di un oggetto, ottenuta nella camera oscura, viene fissata e resa permanente su di un supporto di materiale, generalmente sensibile ai raggi luminosi visibili. ║ Immagine ottenuta con tale processo. ║ Fig. - Descrizione esatta, viva, efficace di una persona o di un avvenimento. ● Encicl. - La prima descrizione completa della camera oscura fu fatta da Leonardo da Vinci, nel XV sec., e quella della camera completa di obiettivo da Barbaro (1568), Benedetti (1585) e Della Porta (1589). Le prime osservazioni sull'azione fotochimica della luce risalgono ad Aristotele. Nel 1556, Giorgio Fabritius osservò l'oscuramento del cloruro d'argento, ma soltanto nel 1727 Schultze dimostrò che l'annerimento era dovuto alla luce e non all'aria. Il merito di avere ottenuto la prima immagine durevole, inalterabile cioè alla luce, e di aver applicato la camera oscura alla f., spetta al francese Niepce (1822), che si servì di una lastra di rame ricoperta d'argento. Successivamente il francese Daguerre chiamò dagherrotipia il metodo, da lui inventato, per rendere stabili le immagini luminose all'interno della camera oscura. L'invenzione destò molto scalpore, ma aveva il grosso limite della non riproducibilità. Venne quindi soppiantata dalla scoperta di Talbot (1840) del processo negativo-positivo con stampa su carta, che permise la riproduzione dell'oggetto fotografato in illimitate copie e che diede al mezzo fotografico la possibilità di estendere il proprio campo d'uso. Scott-Archer ideò (1851) il processo al collodio, che si affermò per circa un trentennio. Dopo il 1850, vennero effettuati i primi tentativi di ripresa istantanea di oggetti e persone in movimento, ma solo con il perfezionamento delle tecniche fotografiche (sensibilità dei materiali negativi, luminosità degli obiettivi), fu possibile riprendere in decimi di secondo il soggetto interessato. La scoperta ed il miglioramento delle gelatine al bromuro d'argento, molto sensibili alla luce, resero possibile la f. istantanea, ma solo nel 1947 Land inventò il procedimento atto all'impiego di una speciale camera per la f. istantanea, che permise la realizzazione di una stampa finita in bianco e nero o a colori, qualche secondo dopo l'esposizione. ● Tecn. - Le f. si eseguono con apparecchi (macchine fotografiche) formati dalla camera oscura, che reca montata su una faccia la parte ottica; dal telaio, che contiene la lastra o la pellicola impressionabile, con la parte sensibile rivolta verso l'obiettivo; dall'otturatore, dispositivo che permette alle radiazioni luminose emesse dall'oggetto ripreso di colpire per un tempo d'esposizione stabilito l'emulsione della pellicola. L'obiettivo è la parte più delicata: essendo le immagini fornite dalle lenti affette da vari tipi di aberrazioni, il problema primo è l'eliminazione quasi totale di tali aberrazioni. Caratteristiche principali dell'obiettivo, generalmente formato da più lenti costituenti un sistema convergente, sono: la distanza focale, la distanza cioè fra il fuoco della lente o del sistema di lenti ed il suo vertice; l'angolo di campo, l'angolazione cioè sotto cui l'oggetto è visto dall'obiettivo; l'apertura relativa, il rapporto cioè fra l'apertura o diametro di ingresso dell'obiettivo e la distanza focale. Il diaframma è un dispositivo composto da più lamelle metalliche concentriche, disposte in modo da lasciare un foro centrale di contorno poligonale, con il centro sull'asse ottico dell'obiettivo. Le dimensioni del foro sono regolabili a seconda della necessità, in base alla luminosità del soggetto, alla sua distanza dall'obiettivo ed al tempo di esposizione. Il mirino consente l'inquadratura del soggetto. Il materiale sensibile, introdotto nell'apparecchio, è costituito da un supporto trasparente, sul quale è distesa l'emulsione a base di bromuro d'argento, sensibile alla luce. I raggi luminosi provenienti dal soggetto producono, durante l'esposizione alla luce, una trasformazione dei sali d'argento. L'alogeno che si libera, reagisce immediatamente con la gelatina dell'emulsione, impedendo la ricostruzione del sale d'argento. La luce agisce sui granuli di alogenuro d'argento, presenti nell'emulsione, in misura proporzionale all'illuminamento del soggetto. Uno ione espelle un elettrone e torna ad essere atomo neutro di bromo. L'elettrone espulso penetra in un altro ione, costituendo così l'atomo neutro d'argento, sul quale agisce poi il rivelatore nel processo di sviluppo. In laboratorio, il successivo trattamento di sviluppo fa sì che l'argento primario invisibile dell'immagine latente, in presenza di opportuni riducenti, agisca come catalizzatore. Il trattamento di fissaggio, infine, stabilizza l'immagine, la rende, cioè, inalterabile alla luce. L'immagine così ottenuta è negativa. Dal negativo si ricava l'immagine positiva, impressionando con la luce, attraverso il negativo stesso, della carta sensibile recante un'emulsione analoga. La carta viene sottoposta agli stessi trattamenti di sviluppo e di fissaggio, che rendono definitiva e inalterabile l'immagine. La carta sensibile generalmente usata in f. è quella al bromuro od al clorobromuro d'argento. ║ F. a colori: i primi tentativi di riproduzione fotografica di un soggetto nei suoi colori naturali risalgono all'enunciazione, da parte di Maxwell, con cui si stabilì che tutti i colori possono essere ottenuti a partire da tre colori fondamentali. La ripresa del soggetto si effettua attraverso tre filtri di selezione, colorati ciascuno con uno dei colori fondamentali (rosso, verde, blu), in modo da ottenere tre negativi, ognuno dei quali corrisponde a ciascuno dei tre filtri. Questi negativi, in bianco e nero, presentano zone annerite che corrispondono, per ciascuno di essi, all'azione effettiva esercitata sull'emulsione dai raggi rossi, verdi e blu. Se ciascuno dei tre positivi viene illuminato con una sorgente di luce bianca, filtrata attraverso un filtro dello stesso colore fondamentale usato per ottenere il relativo negativo, e proiettato su di uno schermo contemporaneamente agli altri due, in modo da ottenere un'immagine unica, questa immagine riprodurrà il soggetto nei suoi colori naturali. In tal modo si applicano i principi della sintesi additiva dei colori. Se invece ciascuno dei positivi viene colorato, mediante un processo di pigmentazione, nel colore complementare di quello del filtro corrispondente, l'immagine a colori che risulterà sullo schermo è ottenuta per sintesi sottrattiva: tale metodo è più usato attualmente. ║ F. nello spettro delle radiazioni invisibili: la sensibilità dell'emulsione fotografica è generalmente diversa da quella dell'occhio umano, nel senso che radiazioni di determinata lunghezza d'onda, invisibili all'occhio, sono fotografabili; ciò è possibile usando adatte emulsioni fotografiche e determinati accorgimenti tecnici. Le applicazioni più notevoli della f. nello spettro invisibile sono: la roentgenfotografia, mediante la quale si ottengono f. a raggi X; la f. nell'ultravioletto, usata nella tecnica del restauro e dalla polizia scientifica, per scoprire falsi od impronte o segni sugli oggetti; la f. nell'infrarosso, che permette di fotografare nella nebbia o nell'oscurità. ║ F. astronomica: i tentativi di fotografare gli astri risalgono a Daguerre; la prima vera f. celeste fu però fatta soltanto nel 1849 all'Osservatorio Harvard di Cambridge (Stati Uniti d'America), da Bond e Whipple, i quali ottennero un dagherrotipo della Luna, in cui apparivano nitidamente molti particolari della sua superficie. Tuttavia, lo sviluppo deciso della f. astronomica si ebbe con l'invenzione delle lastre secche (1871) e con la costruzione di obiettivi acromatici. Oggi, ci si serve anche di dispositivi fotografici lanciati nello spazio a bordo di missili o razzi, allo scopo di ottenere immagini dei corpi celesti più particolareggiate e precise. ║ F. grafica: dopo le prime fotoincisioni, ovvero matrici ottenute con bicromato di potassio, incise per effetto della luce e stampate su carta comune, si è passati ad un perfezionamento delle tecniche ormai consolidate e all'ausilio di nuovi materiali, che hanno permesso ulteriori sviluppi nel rapporto fra f. grafica e, più in generale, mezzi di comunicazione. Fra le svariate metodologie d'esecuzione della f. grafica vanno ricordate: il procedimento del color Key, che permette di passare dal semplice oggetto fotografato, alla sua manipolazione in sede di risultato finale, attraverso la differenziazione del colore e dell'effetto grafico; le stampe su pellicole ad altro contrasto e sviluppo lith che, usate in particolare per manifesti, rendono possibile la riduzione "al tratto" di immagini di mezzatinta; le solarizzazioni che, realizzate attraverso un effetto luce a cui viene sottoposto il negativo sviluppato, ma non ancora fissato, modificando il risultato finale di un'immagine. Effetti nuovi si ottengono anche attraverso il metodo della retinatura, che consiste nel riprodurre in immagini in biancoe nero o a colori il senso del chiaroscuro. ║ F. elettronica: negli ultimi anni, i grossi passi compiuti nel campo dell'elettronica, hanno messo in crisi le prospettive future della tradizionale tecnica fotografica, basata sugli alogenuri d'argento e sull'annerimento causato dalla luce. È il caso della macchina fotografica inventata dalla Sony giapponese, denominata Mavica, capace di registrare immagini fisse e singole non su pellicola tradizionale ma su disco di materiale magnetizzabile; la f. così realizzata è composta da segnali elettrici, che si prestano ad essere trasmessi via telefono. Nuova invenzione è pure quella della black-box della Kodak, una scatola all'interno della quale, un sensore elettronico è capace di trasformare in positivo un rullino di negativi già sviluppati e di trasmetterli direttamente sullo schermo televisivo. ● Dir. - Agli effetti della legge sul diritto d'autore, sono considerate f. le immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale, ottenute col processo fotografico o con processo analogo, comprese le riproduzioni di opere dell'arte figurativa e i fotogrammi delle pellicole cinematografiche. Non sono comprese le f. di scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili. Spetta al fotografo il diritto esclusivo di riproduzione, diffusione e spaccio della f. per ciò che riguarda il ritratto e senza pregiudizio, riguardo alle f. riproducenti opere dell'arte figurativa, dei diritti d'autore sull'opera riprodotta. Tuttavia se l'opera è stata ottenuta nel corso e nell'adempimento di un contratto di impiego o di lavoro, entro i limiti dell'oggetto e delle finalità del contratto, il diritto esclusivo compete al datore di lavoro. Il presidente del Consiglio dei ministri può fissare apposite tariffe per determinare il compenso dovuto da chi utilizza la f. Gli esemplari della f. devono portare le seguenti indicazioni: 1) il nome del fotografo o della ditta da cui il fotografo dipende o del committente; 2) la data dell'anno di produzione della f.; 3) il nome dell'autore dell'opera d'arte fotografata. Se gli esemplari non portano le indicazioni di cui sopra, la loro riproduzione non è considerata abusiva, a meno che il fotografo non provi la malafede del riproduttore. La riproduzione di f. nelle antologie ad uso scolastico ed in generale nelle opere scientifiche o didattiche è lecita, contro pagamento di un equo compenso; come pure è lecita la riproduzione di f. pubblicate su giornali od altri periodici, concernenti persone o fatti di attualità od aventi comunque pubblico interesse. Il diritto esclusivo sulle f. dura vent'anni dalla produzione della f. Per le f. riproducenti opere dell'arte figurativa e architettonica o aventi carattere tecnico o scientifico o di spiccato valore artistico il termine di durata è di quarant'anni, a condizione che sia effettuato il deposito dell'opera: su di esse deve apporsi l'indicazione "riproduzione riservata per quarant'anni". Schemi di macchine fotografiche Enciclopedia termini lemmi con iniziale a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Storia Antica dizionario lemmi a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Dizionario di Storia Moderna e Contemporanea a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w y z Lemmi Storia Antica Lemmi Storia Moderna e Contemporanea Dizionario Egizio Dizionario di storia antica e medievale Prima Seconda Terza Parte Storia Antica e Medievale Storia Moderna e Contemporanea Dizionario di matematica iniziale: a b c d e f g i k l m n o p q r s t u v z Dizionario faunistico df1 df2 df3 df4 df5 df6 df7 df8 df9 Dizionario di botanica a b c d e f g h i l m n o p q r s t u v z |
Buon Giorno! ::::: Grazie per la visita! |
![]() |
Copyright (c) 2002 - 14 Mar. 2025 8:58:19 am trapaninfo.it home disclaim |
Ultima modifica : 02/06/2025 14:23:39